mercoledì 19 giugno 2019

Il fine anno di una tutor

Metto a letto Agata, leggo la storia alle più grandi e torno sul divano: pubblico un po’ di post con gli articoli che ho scritto nei siti con cui collaboro, preparo un piccolo manifesto pubblicitario per i corsi estivi e le fatture di questo mese anche se siamo solo a metà, ma giugno è sempre così. Mi fermo a riflettere su un altro ciclo che finisce, quest’anno ne lascio quattro, alcuni ragazzi li seguo proprio da tanto e fa strano lasciarli andare soprattutto dopo l’intenso periodo di preparazione all’esame. Riguardo quest’anno e cerco di capire come sia andata. È stato sicuramente un anno particolare con l’arrivo di Agata proprio a metà, una nascita che a livello lavorativo, mi ha sicuramente rubato energie. Tante le sere in cui ero completamente scarica pur avendo lavorato solo poche ore. Un anno che mi ha fatto più volte desiderare un lavoro normale, dove ti puoi godere quei 5 mesi di maternità, la mia pausa parto è durata solo 37 giorni e neanche retribuiti ( anche se io spero ancora che l’INPS rinsavisca). Un anno in cui mi sono fermata, come ora, a chiedermi se per quei ragazzi avrei potuto far di più, se ho dato il massimo, a volte penso di sì altre di no; sicuramente ci ho provato e mi dispiace quando le cose non sono andate come avrebbero dovuto, perché questo lavoro è così: a volte vorresti abbracciarli, altre strozzarli, a volte hai soddisfazioni, altre tremende delusioni. Parli con i genitori e ti metti in discussione come madre, perché ora lo sei, Maddalena sta crescendo e fra poco sarà alle medie anche lei, come la maggior parte dei ragazzi, e io, io come mamma come sarò? Apprensiva e super presente? Troppo assente? La giusta metà? Lo vedremo e intanto penso all’estate che arriva, ai prossimi ragazzi che incontrerò, alle volte in cui amerò questo lavoro per gli stimoli continui, perché mi tiene sempre in gioco, perché mi permette la libertà di gestirlo come credo e la possibilità di imparare sempre; penso anche alle volte in cui lo odierò perché non è mai sicuro, perché mi costringe a un'attenzione massima sempre, perché non ci si può mai fermare. Ma io mi fermerei? Potrei mai fare un lavoro ripetitivo nei tempi e nei metodi? Conoscendomi direi di no, forse mi annoierebbe e irriterebbe anche la semplice idea di avere sempre gli stessi orari, di non poterli modificare in base alle esigenze della famiglia, di non poter mettermi alla prova in ogni momento. Sì, ho bisogno di stimoli continui e questo lavoro è quello che fa per me con le sue sconfitte e le sue vittorie ma soprattutto, con quei messaggi di ringraziamento che ti scaldano il cuore.

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