domenica 6 settembre 2015

Domenica d'autunno

Il divano, la coperta in pile da appoggiare sopra le ginocchia, la partita in televisione e fuori dalla finestra il sole appisolato e le foglie ingiallite che alla prima folata di vento cadono. Sembra di vivere in un romanzo rosa, una sorta di natura morta autunnale. Stava pensando Christian mentre si avvicinava al divano <<Amore!>> l’idilliaca pace artistica era già terminata prima di cominciare e dal tono aspro, che poco si associava ad una parola così dolce, sapeva che da lì a breve ci sarebbe stata una tempesta di dimensioni spaventose: che fosse colpa dei calzini sporchi vicino al letto o il preaanuncio di improbabili lavori che solo una mente femminile potrebbe pensare?


La nuvola che copre il sole

Il sole si è nascosto dietro una nuvola, i tuoni avanzano e Matilde, ferma alla finestra, rivede la sua vita in quello squarcio di cielo. La sua felicità è nascosta dietro una nuvola chiamata matrimonio, eppure aveva sempre pensato che quell’uomo sarebbe stato il sole dei suoi giorni bui ed invece è stato il suo temporale, un vero e proprio tifone di cui ancora non vedeva la fine: eccola la pioggia scendere sulle sue guance, come ogni giorno negli ultimi tre anni. Matilde sa che basterebbe avere il coraggio di andare verso la luce e verso il calore e invece inesorabile accetta le lacrime e le nuvole scure attorno a sé.

La valigia

“Amore ma dobbiamo proprio andare via solo con il bagaglio a mano?”
“Silvia, stiamo via 5 giorni, al caldo, quante cose vuoi che ti servano?” La telefonata era cominciata così. Silvia non sapeva cosa rispondere, il suo fidanzato non capiva il suo strazio.
“Dai Silvia, dimmi cosa hai messo e ti dico cosa togliere!”
“Ok” rispose lei per niente convinta “Ma vedrai che è tutto necessario: allora 6 canotta e 6 magliette…”
“Ti bastano le canotte.” la interruppe lui.
“Ma…”
“Niente ma, anzi ti dico io cosa mettere: 5 canotte, una giacca maniche corte, 3 short, 2 gonne inguinali, così sono più felice, una giacca e un paio di leggins lunghi, ma solo perché tu sia tranquilla e ricorda i costumi”
“Ma, amore, è pochissimo e se ci capita una serata elegante?”
“Non ci capiterà, non servono neanche i tacchi!”
“Maaaa!”
“Basta ma, chiudi la valigia e pensa che ci divertiremo un sacco, a domani amore, notte.”
“Notte” rispose Silvia un po’ triste, mise dentro la valigia quello che le aveva detto lui, ma al tacco proprio non riuscì a rinunciare.


Sorriso

Un pomeriggio di lavoro alle spalle, quattro ore a spiegare numeri positivi e negativi senza soluzione di continuità, un’infinità di numeri che per i ragazzi non avevano nessun senso.
Sono le 18 e sono letteralmente distrutta, la cena è ancora da preparare, anzi da pensare e solo l’idea mi fa venire il voltastomaco. Apro la porta a vetri della casa dei miei suoceri con uno dei musi lunghi che tanto mi contraddistingue: “Maaaamma” di fronte a me si aprono due sorrisi contagiosi e vengo investita da un mare di abbracci, mi accuccio per essere sommersa dai baci e improvvisamente il muso lungo scompare e si apre un sorriso.


L'allucinazione

La sigla di Magnum P.I. stava finendo, mentre stava rientrando in casa. “Ciao, ma’!” breve e deciso. È difficile non dare cattive impressioni alla propria madre quando si torna alle 10 di mattina, ancor più difficile è dissimulare l’acido lisergico che circola ancora in corpo. “Che cazzo è quello??? Oddio, l’ho pensato e l’ho detto ad alta voce?”

“Sì, l’hai detto!” Rispose la madre con tono convinto.
“No, ehm, non volevo dirlo” Marco non sapeva come tirarsi fuori da quella situazione è la sua voce incespicava – S-so che non c’è niente.”
“Hai preso ancora quelle pasticche? Eh?”
Con voce quasi offesa “Ma no, mamma, che cavolo dici, ho detto che non vedo nulla!”
Sì, aveva usato il tono giusto, sua madre doveva credergli.
“Strano che tu non veda una cosa che c’è proprio davanti ai tuoi occhi e che fino a un minuto fa vedevi”.
Quindi Marco non aveva avuto nessuna allucinazione dovuta agli acidi e perciò la situazione era ancora
peggiore, sarebbe stato meglio se fosse stata colpa della droga assunta qualche ora prima “Quindi, lì vicino a te c’è veramente un manichino?”
“Non è un manichino” Precisò la mamma “È un modello gonfiabile, io ho deciso che lo chiamerò bambolo!”
“Co- cosa?” La voce di Marco era tremante “È l’ultima novità! Hai presente che voi maschietti potete
avere le bambole gonfiabili? Io mi sono presa un, un… Maschio surrogato! Ecco sì, la parola giusta, così tu sei felice che uso qualche parola importante!”
Gli occhi e la bocca del ragazzo erano spalancati, non sentiva più la stanchezza, né gli effetti della super nottata appena trascorsa. La madre vedendolo con quell’espressione trasognata, cominciò a brontolare “Marco! Dovresti cominciare a farti qualche canna, quelle pasticche ti stanno bruciando il cervello!”
Marco cominciò a riflettere: quella non poteva essere sua madre, è vero che il tradimento del padre e la successiva separazione l’avevano provata e neanche lui con le sue festicciole particolari la stavano aiutando a tirarsi fuori da un periodo tremendo ma non poteva essere vero, sua madre che parlava di canne e di bambolotti gonfiabili, doveva essere l’effetto delle pasticche o del sonno, decise allora di darsi un pizzicotto, in televisione funzionava sempre. “Ahi!” urlò.
La madre finalmente si girò verso di lui e lo guardò dritto in faccia “Che cosa hai combinato?”
“Niente, ma’, ora vado a letto” disse avvicinandosi alle scale “Ma prima mi spieghi perché ti sei comprata quel coso?” Alla fine la curiosità aveva prevalso sullo stupore e ora voleva capire.
La madre si mise ridere “Non credevo di doverti spiegare la storia dell’ape e del fiore a 21 anni, speravo fossi un po’ più sveglio, non hai preso i geni di tuo padre… beh, meglio così!”
“Che schifo!” rispose Marco senza pensarci troppo.
“Che schifo, cosa?” cominciò la madre decisa a spiegare bene cosa l’avesse spinta a tale acquisto “Questo non brontola, non lascia in giro calzini sporchi e non mi occupa la TV con il calcio, poi hai visto che l’ho preso che assomiglia a Tom Selleck! È l’uomo ideale” sospirò la madre alzandosi dal divano, indicando prima il pupazzo e poi la televisione.
La mamma si avvicinò a Marco, gli prese il volto tra le mani e cominciò a girarlo a destra e a sinistra. Marco scocciato le tolse le mani dalla faccia “Ma che fai?”
La madre lo prese un braccio e lo trascinò di fronte allo specchio che c’era vicino al divano “Ai miei tempi fumavamo una canna in compagnia, era un modo per socializzare, un’aspirata ciascuno è via si passava a quello dopo, così conoscevamo nuove persone e soprattutto” continuò indicando gli occhi del figlio sullo specchio “A 21 anni non avevamo già le rughe, guarda hai le zampe di gallina vicino agli occhi!”
“Basta mamma, cos’hai oggi?” cominciò ad urlare Marco “Prima mi trovo quel coso sul divano, poi mi parli di canne, basta, io vado a letto e quando torno spero che tutto sia tornato normale!”
La madre sorrise, si stava divertendo un sacco, il ragazzo salì le scale e si fiondò in bagno, aveva bisogno di una doccia per schiarirsi le idee, appena uscito pensò di tornare in salotto per controllare, forse era stata tutta una lunghissima allucinazione, ma alla fine, per paura che fosse tutto vero, se ne andò a letto, si sdraiò e decise in quel preciso istante che avrebbe smesso con gli acidi e forse pure con l’alcool. Non poteva aver avuto quel dialogo con sua madre.